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Adamo, con quella faccia da bravo ragazzo
(dedicato ai giovanissimi)

1) Amori e timidezze adolescenziali 

Quand’ero ragazzino alle elementari avevo un compagno di banco più bello di me, certo Dedo, che si pettinava con i capelli all’indietro brillantinati. Che invidia! Una volta cercai anch’io di pettinarmi alla stessa maniera, trasformando la mia insipida riga alla Cary Grant in una bella testa brillantinata. Il risultato fu un po’ deludente, i capelli rimasero un po’ ritti (punk ante-litteram), anziché piegarsi docilmente all’indietro come avrebbero dovuto fare se avessero voluto asecondarmi. I parenti chiedevano senza ironia se mi ero spaventato. Dedo aveva un altro vizio, adorava Adamo. Salvatore Adamo, il cantautore italo-belga, non il nostro capostipite edenico. Sarà perché ritrovandolo alle medie inferiore ho scoperto che piaceva di più alla mia Bruna di me – anche se da parte mia mi vendicai riuscendo involontariamente a farmi preferire alla Patrizia di cui lui s’era invaghito – o per altre ragioni fatali, ma non sono mai stato molto interessato alle "canzoni" di Adamo. Lo credevo un cantautore, come dire un po’ conformista, insomma uno per ragazzi "normali". Da allora non mi sono più curato né di Dedo né di Adamo. Si sa però che Eros è un fanciullo e fugge da chi lo insegue, inseguendo chi lo fugge. Shakespeare, col suo fantasioso "Sogno di una notte di mezza estate" insegna in proposito. Questa è probabilmente la ragione per cui, alla fine di quella dolceamara estate dell’adolescenza (avevo da poco terminato le medie ed avevo 14 anni, lei 11) fu Bruna a cercarmi con mia gran sorpresa. Andammo a fare una gita in campagna in bici, lei era in calzoncini corti, con delle bellissime gambe. Due cosce assai grandi per la sua età, stupende a ripensarci adesso che non sono più giovane.. Saranno state le cosce così grandi a spaventarmi, o la mia innata timidezza (fino a 18 anni ero anche balbuziente, poi mi sono curato con buon esito tramite una borsa di studio, tanto da riuscire persino a trasformarmi in un attore teatrale, sia pur dilettante), ma da allora non sono più uscito con lei. Ci eravamo dati un appuntamento a dire il vero, su cui avevo fatto molti sogni, ma di lì ad una settimana successe un gran brutto incidente, nel quale ci lasciò la vita il padre di lei. Un dramma per la ragazzina ed anche per me, a distanza. Non ebbi più il coraggio di presentarmi e neppure lei, turbata evidentemente per l’avvenimento tragico, non lo fece. Forse ci è rimasta male per la mia freddezza, non le ho neanche fatto le condoglianze. Ero un ragazzo di campagna e quell’amore era troppo grande per me in quella circostanza. Non mi sentivo all’altezza del compito, ero ancora molto immaturo, anche se innamorato. C’era pure un senso di ripicca infantile, non lo avrei allora confessato neanche a me stesso, verso colei che mi aveva in principio rifiutato. L’avevo incontrata per la prima volta nella Chiesa di S.Bernardino (non suoni ironico il nome!) di una cittadina della provincia piemontese, come Dante e Beatrice. Anche se a quel tempo non conosceno né apprezzavo il Sommo Poeta. Pensavo solo al calcio e alle ragazzine. Anzi, solo a Bruna, dato che volevo sposarla. I miei coetanei ridevano quando quattordicenne dicevo che l’avrei sposata al più presto. Pareva un desiderio insensato a quell’età, simile a quello di chi vuol comprarsi una moto anzitempo. Sembrava che volessi «andare ad ammazzarmi»… Eppure la vita non mi ha più concesso una possibilità come quella, la possibilità di amare ed essere riamato. Mi viene da piangere come ad un fanciullo se penso a questa cosa terribile. La nonna di Bruna era contenta che mi mettessi con la nipote, essendo amica di mia nonna, ed anche i miei vedevano di buon occhio la faccenda sia pure nei tempi dovuti. Ma l’amore non sa attendere il momento giusto, come un adolescente dimentica presto e va per altre strade, seppure più dolorose. Poi, a partire dal liceo, ho scordato le cosce da favola di Bruna ed ho cominciato ad interessarmi di politica, lasciando perdere il sesso e le donne. Solo più tardi sono stato costretto dalla vita e da turbamenti personali vari a riprendere il tema caro dell’adolescenza. Ora che gravato dagli anni mi sento coscritto di Matusalemme, ripenso a quel momento felice della mia esistenza ed invidio nostalgicamente l’età dorata dell’infanzia e dell’adolescenza, come la chiama giustamente Orwell. È appunto a quell’età, riplasmata dalla maturità, che ci rimandano le canzoni di Adamo, figlio d’emigrante siciliano in terra nordica di miniere. Il Destino è stato crudele con ciascuno di noi due. Bruna dopo la morte del padre ha visto morire il fidanzato il giorno prima di sposarsi. La cosa inauditamente si è ripetuta con un secondo fidanzato una settimana prima delle nozze. Roba da perdere la testa! La terza volta comunque ci è riuscita. Questo fatto, se l’avessi saputo ma ne avevo completamente perso le tracce, mi sarebbe dispiaciuto più degli altri due, anzi tre. In ogni caso Bruna era soltanto un piccolo amore. Ho sempre dato la colpa ad un fatto della mia prima infanzia, allorché ragazzino di 11 anni volevo "amare" una ragazzina di 10 in una vigna e non vi sono riuscito per l’arrivo improvviso ed inatteso del padre di lei, se in seguito ho sempre cercato ragazze che avevano perduto il padre. Quasi che mi fosse rimasta anche poi la paura di essere preso a sculacciate dal padre di lei. Invece, ripensandoci, la motivazione può essere un’altra, di tipo psicanalitico: non ho mai veramente dimenticato Bruna e, proprio perché non mi ero dimostrato all’altezza della prima situazione veramente problematica della mia vita, nel subsconscio rimuginavo forse di riviverla per risolverla definitivamente. Ma non l’ho mai risolta. Non è tuttavia un caso che il mio primo grande amore (Michela) sia venuto assai tardi e nemmeno a farlo apposta nei confronti di una ragazza ancora adolescente dello stesso paese di Bruna. Il problema della differenza di età tirato fuori questa volta dalla madre di lei era un falso problema, mentalmente ero rimasto anch’io un adolescente. Di qui ha preso avvio la fase più importante – per certi aspetti esaltante per altri deprimente – della mia esistenza terrena. Una fase che mi ha condotto a salire ai più alti vertici della Conoscenza, attraverso gl’insegnamenti iniziatici di un guru indiano; nel contempo, tuttavia, mi è rimasta dentro un’inquietudine strana. Un senso di malessere indicibile, una sorta di cupio dissolvi che è sfociata apertamente nella pazzia allorquando amavo una certa Ilaria incontrata ad una scuola di apprendimento informatico e per scherzo lei ha fatto finta di abbandonarmi. Lo scherzo me l’ero meritato, considerando che gliene avevo fatto io uno poco prima analogo, con gran turbamento dell’amica. Poiché solo tale si dichiarava e volevo metterla alla prova. Il risultato l’ho già detto, purtroppo, la mia disintegrazione psichica. La bella Ilaria ricordava fisicamente e caratterialmente Michela. Michela era del medesimo paese di Bruna. Come nei sogni, dove un’immagine tira l’altra; un guazzabuglio difficile alfine da districare, ma perfettamente logico, sia pure a livello subconscio. Come in certi gialli, negli amori tutto finisce laddove era cominciato… L’Amore è l’origine delle cose, nulla esiste al di fuori di Lui. Eros, cioè l’Amore, è il nome supremo della Divinità. Dietro a tutte le cose, persino alla Politica (lo affermava anche Bertrand Russell), vi è od amore od il contrario. Chi snobba l’argomento, snobba l’Esistenza. E fa la fine di quei poveri cardellini addentati dai miei gatti, o di quei poveri miei gatti che li hanno addentati. Due fini orribili, degne delle vittime ad oltranza e dei loro perpetui persecutori. Dobbiamo respingere da noi entrambe queste condizioni, l’equilibrio è la cosa migliore. Il vero Amore è eterico, ossia equilibrato. Ecco perché il Segno della Bilancia è zodiacalmente sotto l’influenza di Afrodite, la dea oggetto di culto da parte dei magistrati ellenici. La Giustizia è equilibrio, la seconda manifestazione dell’Amore dopo la Pace, che è la prima. Le Due Chiavi ideali del Pontefice – una d’Oro e l’altra d’Argento – i veri insegnamenti del Cristo risorto, Pace e Giustizia.


2) Una storia indiana, apparentemente molto diversa, racconta in realtà la stessa cosa

Il re degli asceti Shiva meditava sulle cime dell’Himâlaya e disdegnava il corteggiamento della sciocchina e ingenua ma bella Pârvatî, la ‘Montanara’. Lei usò tutte le astuzie femminili per piacergli e per farlo innamorare. Si alleò con Vasanta, la Primavera; e con Vâyu, il Vento. Inoltre con Kâma, il Dio dell’Amore, l’Eros indù. Essendo una dea, anzi la Devî per eccellenza, fece in modo che agli occhi dell’asceta apparisse uno scenario incantevole fatto di fiori, di erbe profumate, di uccelli svolazzanti e cinguettanti. E in quello sfondo, che avrebbe mandato in estasi qualsiasi umano, la ragazza si muoveva agilmente come una fata. Fingeva di cogliere fiori, di sorridere, mentre una brezza le scomponeva la veste mostrando le grazie di un corpo da leggenda, che subito lei copriva con il disappunto che hanno le verginelle quando vogliono mostrare le loro grazie e subito se ne turbano al pensiero di cosa si possa pensare di loro. Intanto lo scapestrato Kâma, con il suo Arco e le sue 5 Frecce Fiorite che colpiscono i sensi irrimediabilmente, lanciò una freccia all’asceta per turbarlo e farlo innamorare. Amore, come asseriva Platone, nasce da Penuria. Shiva niente, duro come una pietra. Seccato, bruciò il Dio dell’Amore col Terzo Occhio e lo annientò. O meglio, lo ridusse in cenere; ma Kâma divenuto ‘Ananga’ (l’Incorporeo), così mal ridotto, continuò la sua vita divina in forma invisibile. Ridotto ad immagine mentale, da allora in poi si è mostrato più pericoloso di prima, celandosi nei fiori variopinti, nella musica, nelle vulve delle femmine ed in tutte le cose belle della Creazione come il linguaggio della poesia. Kâma è più antico di Shiva, emblema della Gnosi, nascendo direttamente dalla Mente di Brahma a differenza di tutti gli altri dei. Solo alla Devî è concesso simile privilegio. In altre parole è Brahma medesimo, il Padre della Creazione, in altra forma. Esattamente come intendevano gli Orfici greci, che mettevano a capo delle generazioni divine Eros Protogeno. La stessa cosa fa Dante, quando fa del Dio cristiano "l'Amor che move il sole e le altre stelle”. Nulla di più, nulla di meno. Ne so qualcosa io che, pur ridendomi il più grande astrologo della terra, dopo aver analizzato innumerevoli oroscopi ritengo di non aver capito nulla dell’Amore. Rimane per me il più grande mistero. Sì, ho conosciuto la Luce da vicino come Mosé sul Sinai, anche se a differenza di lui non mi sono annientato totalmente nel Fuoco. La Luce, sappiate, anche dopo che uno la conosce rimane il più grande enigma del Mondo. Il primo scopritore della Luce fu Adamo (gli Indù lo chiamano ‘Manu’, entrambe le parole significando ‘Uomo’), cui fu rivelata dall’Altissimo nel Paradiso Terrestre. O, altri dicono, dagli Angeli. La Lingua degli Angeli è molto difficile da imparare, anche se è la più semplice. Qualcuno afferma che è il Silenzio. La musica, che ha connotazioni celesti e si basa essenzialmente sulle pause, è piuttosto prossima all’idioma angelico. Ecco il nesso che ci lega al secondo "Adamo".


3) Salvatore Adamo, con la faccia di un angelo 

Come si può uscire dalle prime tristezze adolescenziali? Amando, senza tirarsi indietro come facevo io, che da buon Capricorno speravo di trovare l’Eldorado più avanti, sulla Montagna della Vita, ed invece l’avevo di fronte agli occhi. Lasciate dirlo a me, che non ho nulla, ma proprio nulla da insegnare in materia. C’è un altro modo per recuperare serenità ed equilibrio, ascoltando le vecchie canzoni di Adamo. Per carità, a differenza di quel Dedo di cui sopra (è un vezzeggiativo del nome Desiderio, questo significa letteralmente anche guardacaso il nome indiano ‘Kâma’), sono ben lungi dal disporre della discografia completa del cantautore d’origine siciliana. Mi scuseranno i veri fan di Adamo, se mi permetto di parlarne senza preparazione. L’ho riscoperto da non molto. Due anni fa circa ho rincontrato quel vecchio amico chiedendo un passaggio in automobile, dal momento che avevo la mia macchina ferma, e discorrendo del più e del meno (tra l’altro pure diel pittore Pellizza da Volpedo e dello splendido quadro intitolato "Girotondo") ho accennato alla simpatia d’un tempo da parte del mio ex-compagno di scuola per Adamo. Mi ha confermato che quella simpatia per il cantante italo-belga non è mai scemata. Altrettanto potrei dire per me riguardo l’affetto per Bruna, che ho rivisto qualche settimana fa ad un supermarket. Era invecchiata, la faccia di una divorziata, i begl’occhi impertinenti di sempre sotto i capelli ora corti, non più ricci come una volta. Adesso il selvaggio sono io, che da un possibile neo-Cary Grant mi sono trasformato in un George Harrison con pancetta. Chissà che ne è adesso di quelle cosce che mi avevano fatto sognare, che avrei voluto palpare con le mie mani inesperte di adolescente. Sono destinate a riempirsi di vene varicose, come quelle di mia madre? Allora le temevo per la loro stupenda bellezza, come se racchiudessero nel mezzo la classica Vagina Dentata, pari alla bocca spalancata di uno squalo. Curiosamente non mi sono mai masturbato pensando ad esse, non volevo inconsciamente spezzare l’incanto di quel ricordo. Kama, come sei potente ora che sei invisibile e ti diletti a suscitare immagini mentali inafferrabili! Ciò che è in potenza è più potente – lo garantisce l’allocuzione stessa – di ciò che è in atto. Hanno ragione i musulmani quando giudicano ‘El Ishq’ (l’Amore) impossibile tramite baci ed abbracci, o mediante il coito. Così ci si avvicina solamente all’amata o all’amato. Unicamente con lo Spirito si può amare, lo Spirito non ha ostacoli di nessun tipo. Non ci sono barriere per lo Spirito e nemmeno per l’Amore. Amore, Spirito, Intelletto, Luce, Fuoco sono sfumature verbali di un unico Ente. Gli Aztechi lo chiamavano "l’Acqua che brucia”, bella definizione per un popolo altrimenti piuttosto sadico a livello sacrificale.


4) Le canzoni di Adamo

Dopo l’incontro con Dedo ho visto un’antologia recente di Adamo e l’ho comperata. Contiene alcuni fra gli hits. Li ho risentiti. Il "Fiore" (allusione all’anima), come dicono i Giapponesi, finalmente si è aperto in me e ho trovato quelle canzoni magnifiche. Delle vere e proprie perle musicali. Penso che insieme a Leonard Cohen Salvatore Adamo sia il più grande cantautore della seconda metà del Novecento. A partire dai testi, ripieni di grazia e di parole desuete, ma mai banali od arzigogolati. La spontaneità giovanile coniugata alla delicatezza di sentimenti. Un maestro di canto. Più che varie canzoni, i pezzi paiono delle varianti di un’unica canzone, quella dell’anima che ama. Il che mi ricorda Dausi, la canzone che non muore mai” Un giorno un guerriero africano di nome Gassire cercò di suonare la cetra. Non vi riuscì, le dita erano troppo rigide, non si piegavano alle soavi esigenze delle corde dello strumento. Che fare? S’arrabbiò, ma nulla poteva. L’arte non s’improvvisa, si coltiva col tempo e la pazienza. Un giorno andò in battaglia furente. Era un grande guerriero, invincibile, ma perse il primo dei suoi sette figli. Quando tornò era triste, provò a suonare per consolarsi. Lo strumento sembrò piegarsi più docilmente alle dita di prima, ma ancora i suoni stentavano, erano rozzi. Ad uno ad uno altri cinque figli caddero in battaglia e ogni volta Gassare tornava più sconsolato alla sua dimora. Il mondo intero gli pareva un cimitero. In compenso le corde della cetra avevano cominciato a lasciarsi modulare, suonando sempre meglio. Finché non gli morì anche il settimo figlio. Gassire era dunque solo e senza neppure sapere cosa faceva si mise a suonare. Le note, salendo dal più profondo inferno al più alto cielo, toccavano tutte le fere dell’animo umano. Il vecchio guerriero d’un tempo era disorientato e non pensava più a nulla. Nel frattempo la cetra suonava da sola, la voce del canto era disumana, tuttavia bellissima. La melodia si diffondeva per l’universo intero ed è nota come ‘Dausi, l’eterno canto’. Normalmente l’arte nasce infatti dalla disperazione, è la perla dell’ostrica, la sublimazione di una sofferenza indicibile. Questo è anche il motivo per cui genio e follia si assomigliano. Chi ha varcato i confini dell’anima non può più tornare indietro. Tant’è che un uomo, il quale era andato in giro per il mondo a studiare le stelle e loro meraviglie, tornò al suo paese dopo aver scoperto tutto quel che c’era da scoprire e conoscere nel mondo. Sennonché, avendo varcato i confini dell’umano ossia conoscendo i segreti racchiusi in ogni simbolo, parlava e nessuno più lo capiva. La saggezza di cui era dotato era spaventosa e chiunque fuggiva da lui come se fosse stato un nume, pericoloso per la banalità quotidiana. Non avendo scorto prima alcun pathos nelle canzoni di Adamo le avevo messe da parte. Solo ora mi accorgo dello sbaglio enorme. Adamo è un fior fiore di autore. Brani come ‘Amo’, ‘Accanto a te l'estate’, ‘Insh’Allah’ sono depositi reconditi di saggezza, di grazia e di virtù. Pigliate come volete questa parola, a me suona bene. Il gusto di un testo ricercato e raffinatissimo si unisce ad una musicalità semplice ma oltremodo accattivante. Per non parlare dell’interpretazione vocale, sempre eccezionale. Basta pensare a pezzi famosi come ‘La notte’, quella notte che appare immensa nella mente di chi ama; mentre l’immagine della dolceamata riappare, lo chiama e gli tende le mani. Ma presto il sangue gli si agghiaccia quando lei ridendo si allontana, seppure invano egli tenti d’afferrarla, di farle violenza. Il giorno, splendendo in piena pace, allontana i pensieri amorosi lasciando tuttavia un vuoto inesorabile dentro. Torna un’altra notte e si crede d’impazzire, mentre la voce di lei fende il buio. Si fa viva la speranza, invano. L’effetto del variare delle onde mentali e dei sentimenti conseguenti è ottenuto tecnicamente col variare da Lam alla 6 e alla 7 rispettiva. Che dire invece di gioielli della musica leggera quali "Affida una lacrima al vento", "Perduto amore", "Una ciocca di capelli"? Il tema della solitudine e dell’amor perduto regna sovrano, come nei canzoni dei trovatori e dei trovieri. Non abbiamo in codesto caso a che fare com castellane e damigelle, bensì con amoretti dimenticati il cui ricordo è rinvenuto in un cassetto del solaio, “il dolce miraggio di un’estate”. Una cosa insignificante come una ciocca di capelli risuscita la visione di un tempo felice. Eppure risuonano anche qui l’eco di fate e le voci degli angeli, con quadri antichi in sottofondo. Una volta mi feci dare da una ragazza di nome Silvana il nastro con cui si legava i capelli e nell’atto di perderla, tanto per cambiare, le promisi che quel nastro sarebbe finito con me nella tomba. Invece qualche giorno dopo me lo rubò crudelmente una puttana, che la padrona di casa di Marghera le aveva affittato illegalmente di domenica, quand’io mi ero allontanato dal Veneto per far visita ai mie in Piemonte. Adamo è stato una specie di menestrello per i poveri, un trovatore per emigranti. Essendo anch’io nipote di un nonno emigrato in America, a Boston, non posso che compiacermi della galanteria con cui egli canta i suoi amori. In Belgio vi erano parecchie miniere senza manodopera e ciò ha attratto molta gente dal Suditalia. Il mondo degli emigramti è sempre triste ma affascinante, seppure fatto di sogni ed illusioni più che di realtà effettive. Tal mondo fatto di giovanili speranze è rifluito anche nel mondo immaginifico del cantautore, che si diverte a sognare. Come indica Charlie Chaplin nel film "L’emigrante", violenza e tenerezza si alternavano nei viaggi e nella vita di chi emigrava. Nella poetica musicale di Adamo è rimasta solo la tenerezza. I patimenti e gli stenti di chi si trova dapprima in terra straniera e poi pian piano comincia a convivere e ad amalgamarsi con la gente locale sono sublimati in un’alone di mestizia stemperata in ogni composizione a mo’ di patina creata dal tempo che passa. Mio nonno era il più vecchio di sei figli, tre maschi e tre femmine. Li ha portati negli Stati Uniti, li ha fatti diventare ricchi, poi se n’è tornato per sposare una certa Maria. Lei Scorpione, lui Pesci. I Pesci governano i piedi ed infatti gli emigranti si spostano da un paese all’altro. Lo Scorpione governa la morte, sicchè mia nonna è morta non molto tempo dopo lasciando mio padre orfano. Curioso che gli Indios indicassero gli spostamenti da un territorio all’altro col grafico di due piedi e linee che si dipartivano da essi. Nelle loro cartine i piedi s’alternano ovviamente alle barche. Alla fine degli Anni Novanta ebbe molto successo il film "Titanic", che parlava di emigranti. Di Caprio, colui che più meritava l’Oscar, non l’ebbe. L’eccessivo chiasso attorno a lui non gli ha giovato artisticamente. Il Titanic non fu l’unica nave inabissatasi. Mi ha raccontato una zia che la notte dell’eclissamento di un altro transatlantico nelle acque oceaniche, di notte i parenti sentirono le ombre dei loro cari picchiare disperatamente alle loro porte nei peasi d’origine. Si sa che la morte violenta ed improvvisa non reca pace. La quieta disperazione per la patria lontana, il miraggio di una nuova terra più grata, risolvendo il dilemma adolescentemente per mezzo dei sentimenti più profondi del cuore, tutto questo si ritrova per magia in Adamo, il poeta popolare delle cose perdute e talora ritrovate. Da "Perduto amore" Battiato ha tratto ispirazione per il suo primo film. Mi piacerebbe vederlo, anche Battiato è siciliano. Dopo Nostradamus, Verga e Pirandello, con Adamo e Battiato la sicilianità è risorta. Non che dimentichi il coraggio dei Falcone e dei Borsellino, ma qui è fuori luogo parlare di loro, è una brutta storia che è meglio tralasciare al momento. Altrimenti scado nella retorica.


5) Le più belle: il miraggio dell’emigrante

A mio parere, altre stupende composizioni oltre alle splendide già menzionate, sono: "Non mi tenere il broncio", "Lei" e "Com’ero vecchio". Sopra ogni altra giganteggia, a mio parere, l'inarrivabile ‘Cade la neve’. Nella prima si celebra la festa dei quindic’anni, con tanto di bronci femminili di gelosia da parte del definitivo amore, in gergo musical-erotico l’”ultima canzone”. Gli amoretti passati, col diminuitivo per chiedere anticipatamente scusa all’amata del momento, Espressioni come ‘gettare l’ancora’, alludendo al compimento degli amori adolescenziali nel matrimonio, sono tipiche ancora una volta del linguaggio gustosamente marinaro con quelle frasi biascicate tramite un sorriso tipico delle famiglie degli emigranti. In quel mondo instabile la madre o la sposa divengono il cardine della famiglia. E l’amata, quando si allontana ed è purtroppo corteggiata da altri, viene inseguita furtivamente come un “folle relitto”. Quasi fosse un’isola in mezzo al mare, al pari della Sicilia appunto. In "Amo" – forse la più bella canzone in assoluto, non solo tenendo conto di quelle di Adamo – gli occhi di lei sono fatti di bruma, come la nebbia che avvolge le navi e le divide dalla meta agognata. E lo ammantano di dolcezza. Con la bella al posto della Balena Bianca e l’innamorato in luogo del Capitano Achab, che insegue Moby Dick assurdamente, fino alla disintegrazione dell’umano nel sovrumano. La voce di lei ha il “mormorio della sorgente della speranza”. Che è questa sorgente se non il cuore? La scena viene ritratta come in un rallenty che ingentilisce i movimenti e li fa apparire flou, con una dolcezza eguale solamente a quella di ‘Tender is the Night’ di Scott Fitzgerald: vedi l’incomparabile interpretazione al riguardo della matta da parte dell’adorabile Jennifer Jones, mentre un Tom Ewell ubriaco ed assolutamente strepitoso pur nelle vesti di un personaggio di contorno (aveva ragione Stanislavsky a dichiarare che non esistono piccoli peronaggi, esistono solo piccoli attori) strimpella strampalato un motivetto al piano. Il tutto in un’atmosfera estremamente decadente, ma deliziosa. Il vento, sempre per restare ad "Amo" (che fa rima neanche a farlo apposta con Adamo), stuzzica i capelli della donna giocando con loro; è una versione censurata, rispetto al mito del corteggiamento cosmico prima decantato da parte della Dea indù, ma nondimeno poetica ed inebriante. Correndo radiosa, lei corre verso le sue braccia. E si fa piccola piccola, come una bimba, per sedersi sulle braccia dell’amato. Quasi che lui fosse un padre piuttosto che un amante e facesse il cantastorie serale dopo molti tormenti giornalieri. Ed ecco che lei, improvvisamente tramutatasi in una madre che lo accudisce come se lui fosse viceversa un bimbo, lo rassicura tenendo per mano quando si perde in fondo al buio. Un buio che è tenero come la donna e profondo come il mare, quel mare che è “oscuro e non si ferma mai”. Sono scivolato in Paolo Conte, ma fa lo stesso. Adamo l'Antenato e Salvatore Adamo sono come l’Alpha e l'Omega, in mezzo c’è tutto il resto delle cose. Novello Gassire, l’ho capito soltanto adesso che sono sprofondato. Colando a picco come quel tale che s’era innamorato d’una sirenetta, ho battuto la testa su un’ostrica, nelle cui valve giaceva ignota al mondo una perla. La perla di cui Vi dicevo sopra. Nell’oceano profondissimo non vi sono ragnatele, il tempo laggiù non passa mai. Qualcuno crede che proprio là si nasconda il Paradiso Perduto, dentro le valve dell’ostrica. Il mare è lo specchio del Cielo. "Mi sento un marinaio quando i tuoi capelli ondeggiano sul mare come alghe bionde". Aum.

 Child of the Light (dc)