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Salvatore Adamo - La notte... l'attesa
Il primo grande romanzo di un indimenticabile
poeta e cantautore
Julien, trent’anni, è un rital, ovvero figlio di
emigrati italiani in Belgio. Dopo essere stato
licenziato dal grande magazzino in cui lavora,
passa per caso davanti all’agenzia di pompe
funebri del signor Legay e lì viene assunto,
iniziando così una quanto mai improbabile
carriera di aiuto becchino. Julien, infatti, ha
un animo gentile e sensibile, ama la musica e la
pittura e si consuma di passione per Charlie,
un’affascinante ragazza dal passato oscuro con
la quale ha vissuto un’intensa storia d’amore,
scomparsa all’improvviso senza lasciare tracce.
E in uno snodarsi di vicende talvolta cupe
talvolta esilaranti, dove incontriamo
un’infinità di personaggi pittoreschi e il
presente si intreccia ai ricordi dell’infanzia
italiana, passando da un Belgio brumoso in cui
la polvere di carbone sembra avere coperto ogni
cosa a una Sicilia inondata di sole, il racconto
di tutta una vita accompagna il lettore pagina
dopo pagina come una melodia bellissima.
Tenero, poetico, venato di nostalgia, ma al
contempo ironico, brillante, con delle punte di
pura comicità, La notte… l’attesa è un romanzo
insolito, un omaggio dell’autore alle sue
origini e all’Italia che ci svela come Adamo,
oltre a essere un cantautore geniale, sia anche
un raffinato scrittore.
«Al calar della sera eravamo partiti da
Vittoria, villaggio natale di mio padre, per
trascorrere la giornata dell’indomani a
Scoglitti, la spiaggia popolare più vicina, a
quindici chilometri, ovvero a sette ore di
carretta… Ci risvegliammo all’alba sulla riva
del Mediterraneo in un fantastico fiammeggiare
di corallo. Un’ostia immensa s’innalzava
sull’orizzonte incandescente: il sole! Che
bellezza! Guardavamo tutti e nove affascinati,
senza parlare, incapaci di dare un giusto
significato alle nostre parole senza rischiare
la rovina e la perdita di quella briciola di
eternità che ci era offerta.»
Salvatore Adamo è nato a Comiso nel 1943. Dopo
l’infanzia povera da figlio di minatore riesce
già nei primi anni Sessanta a emergere come
talentuoso cantautore. Il suo primo album, Tombe
la neige, lo trasforma in una celebrità
mondiale. Inizia a pubblicare album anche in
Italia, raccogliendo un grande successo
soprattutto coni brani Perduto amor, La notte,
Lei, Inch’Allah. Questo è il suo primo romanzo.
Fazi
Editore
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Postfazione: del professore Francesco Piga
Le indicibili sfumature del nero
"Io seguo con le parole l'emozione, non le
lascio il tempo di rivestirsi in frase ...
l'afferro nuda e cruda, o meglio nella sua
poeticità. Perché il fondo dell'Uomo, malgrado
tutto, è poesia"
L-F., Céline, Lettera a Hindus, Copenaghen, 16
aprile 1947
"Un giorno amore scriveremo un bel romanzo, una
bella storia con colori di favola, ... ad ogni
pagina ci sarà un incanto", così cantava
Salvatore Adamo.
In un turbinio di impegni, che lo fanno
appartenere più al pubblico che a se stesso, in
continue tournées internazionali, purtroppo
lontano dall'Italia che ama in maniera
particolare, Adamo riesce comunque a coltivare e
ad approfondire molti interessi culturali. Da
qui è scaturita l'esigenza di andare oltre a ciò
che si può esprimere nei pochi versi di un
canto. Dunque un romanzo che gli consente di
sviluppare motivi già evocati nelle canzoni, di
comunicare, liberamente e per esteso,
sentimenti, fantasie, esperienze, ricordi ed
emozioni, di articolare meglio riflessioni e
idee, di soffermarsi sui dettagli.
E' una grande sorpresa anche per chi ha in mente
canzoni come "Fais toi Croque-mort" del 1963,
"Che funerale!" nella versione italiana, e "Creusons",
quelle su temi più gravi, certi tratti
umoristici e surrealisti di altre, influenze dei
suoi due maestri, Brel e Brassens, per
l'umorismo verso la morte: Adamo trascende la
propria immagine di cantante mostrando ulteriori
e nuovi aspetti della sua personalità.
Il lettore deve rendersi consapevole di questo
scarto per non rischiare di essere disorientato,
e poter entrare nella nuova dimensione in cui,
come scrive Gesualdo Bufalino, macchiarsi le
mani d'inchiostro “è come macchiarsele un poco
di sangue, uno scrittore non è mai innocente”.
E Adamo è fortemente colpevole perché, nel
mantenere la promessa di scrivere un bel
romanzo, usa per la sua tavolozza colori diversi
da quelli adatti ad una favola, un nero dalle
tante sfumature, il giallo della suspense e
degli elementi bizzarri, altre tonalità
illuminate dal sorriso.
I colori si accostano o si uniscono in una
struttura narrativa compatta che si svolge su
diversi piani di scrittura, contigui e continui,
tutti legati tra loro, in un intreccio
romanzesco sempre più avvincente e interessante,
dal molto ritmo in forma jazz ben orchestrato,
con una linea musicale che segue il racconto,
una piccola musica molto personale.
Per poter accedere a questo tipo inconsueto di
narrazione, multiforme e variegato, al cielo a
rovescio che si riflette in una pozzanghera
sporca conservando bagliori ultraterreni e
utopici, è necessario tener presenti alcune
caratteristiche della natura e della cultura
italo-belga di Adamo.
Infatti gli aspetti principali che
contrassegnano il romanzo, con il suo
protagonista, di origini siciliane e emigrato
nel Borinage, sono propri di due ambienti
saldamente uniti nell'animo dello scrittore, la
Sicilia luminosa e il Belgio brumoso.
Dunque la tradizione barocca siciliana, con
l'humour nero e l'asprezza di chi ha familiarità
con la morte che considera parte della vita, e
sa sorriderne per esorcizzare la sorte e
dissimulare le proprie angosce, si unisce al
grigiore del paesaggio belga, alle varie
gradazioni dell'animo belga, con le zone di buio
e con le varie forme dell'ironia, quelle che
permettono di mettere su un piano diverso anche
le cose serie dell'esistenza, di conservare un
certo distacco, e implicano una
compartecipazione del lettore al gioco di sfida
contro le regole della decenza, con riflessioni
che comunque scoprono l'anima. Si sorride anche
quando si vorrebbe piangere.
Adamo si avvale di queste caratteristiche:
scrive una storia assai dura, concentrata nel
mondo delle pompe funebri già di per sé molto
cinico, e la racconta con uno sfalsamento dal
dramma al burlesco, con una piroetta, una
giravolta che riesce a rendere meno gravi le
vicende tragiche, a tenerle in equilibrio con la
leggerezza scherzosa che predilige, con il
pudore timido, proprio del suo carattere e del
suo modo di essere.
Il libro diviene così allegro e piacevole, con
l'ironia in particolare su se stesso e sulla
professione di becchino del protagonista,
pretesto per gli aneddoti legati alla morte, non
soltanto commoventi, ma anche divertenti e
spassosi, alcuni inventati, altri veri,
ascoltati da un autentico croque-mort. C'è
l'ironia del destino e un umorismo chapliniano;
l'ironia è nella storia e nella maniera di
scrittura, con la scelta delle parole e dei
giochi linguistici.
In questo umorismo dalle varie sfaccettature
sono presenti tratti surreali, di un surrealismo
che pervade tutto il romanzo: l'immaginario
siciliano si intreccia a quello belga con cui ha
una certa parentela. In Sicilia la fantasia e le
magie prevalgono sull’ordinario, lo stesso
paesaggio è sempre avvolto in un'indefinibile
luce d’incanto, con le strade che salgono e
sembrano perdersi nel firmamento; e tutto ciò si
rispecchia nella sua arte. In Belgio immagini
enigmatiche e spiazzanti, con le prospettive
falsate di realtà apparenti, dimensioni oniriche
sono prerogative degli scrittori e dei pittori;
sono tutti elementi diretti nel romanzo,
espliciti nel protagonista che dipinge "con
inganno", vede gli alberi blu e cerca l'essenza
delle cose.
I pittori citati, da Magritte dell'epigrafe a
quelli della scuola di Laethem, appartengono a
questo contesto. La deformazione della realtà,
in particolare simbolizzata dal personaggio di
Charlie, fantasiosa e imprevedibile come il
destino, con la sua anima sconvolta e l'anima
muta, con i suoi balbettamenti che riflettono la
confusione della coscienza persa in un sogno
misterioso, rimanda alla pittura di Ensor, e
anche a opere di Pirandello per il contrasto tra
apparire ed essere, all'essere come apparenza.
L'affezione per il Belgio e la sua cultura non
soltanto è espressa dalle passioni pittoriche
del protagonista ma anche dalle scelte
linguistiche che hanno in prevalenza locuzioni
dell'argot, dialetti regionali e slang locali.
E' tutto mescolato al francese classico,
neologismi e modi di dire, espressioni
siciliane, spontanei giochi di parola, proverbi
e battute ad effetto. La scrittura denota
un'eccezionale padronanza di questa particolare
ricchezza linguistica.
La grande importanza per Adamo della
sicilianità, una condizione interiore, è nel
ruolo preminente e ascensionale che l'Isola
sognata ha nel romanzo. In granelli di
biografia, ben inseriti e poetizzati, come
barlumi di un caleidoscopio, quasi una
confessione, Adamo tributa un atto d’amore verso
i genitori, la dolcezza della madre e la
tenerezza del suo sorriso, delle sue parole
dette in dialetto, i sacrifici e gli
insegnamenti morali del padre, e rende omaggio
alla propria terra, con le tradizioni e i valori
caratteristici e unici degli abitanti, con la
fierezza per gli artisti di Comiso, sua città
natale, con lo sdegno morale per le sofferenze e
le dure condizioni di lavoro che gli emigrati
trovavano nelle miniere, dopo l'accordo tra lo
stato italiano e quello belga secondo cui
l'Italia riceveva una tonnellata di carbone per
ogni minatore che "prestava" al Belgio.
Nel romanzo risaltano inoltre altre componenti
come il rispetto per la dignità delle persone e
l'intricato problema del senso della colpa. Il
caso e il destino proteiforme e fantasioso
giocano un ruolo importante: il personaggio
principale è trasportato da un fiume superiore,
si lascia vivere, in due destini speculari;
timido e accomodante non osa contraddire,
trasognato e spaesato attraversa una serie di
tragedie più mosso dal destino e dal caso che
dalle sue decisioni, e così è trascinato dal
flusso storico che se lo porta dietro, si
rassegna al destino. E' un fantasma, un
passamuri, che comunque è sempre accompagnato
dalla tenerezza dello scrittore.
In un mondo sconosciuto, dove tutto è in
sospeso, indefinito, e senza certezze, e le
strade dell'esistenza sono molteplici, non
soltanto le persone ma anche la natura è
soggetta al caso; così il fiume è sacrificato al
suo destino dalla lava dei cumuli di carbone,
dal lavaggio delle scorie della vicina miniera,
e le sue rive si contaminano, si anneriscono.
All'uomo, in balia del destino, restano i
diritti dell'anima, quelli dell'emozione, dove è
riposta la poeticità di ognuno. E' la forza
dell'arte che sta nell'animo di ognuno e rende
migliori.
Quando il protagonista apre una galleria d'arte,
e invita tutti gli abitanti a partecipare con i
loro quadri ad una grande esposizione
plurietnica, anche la gente del quartiere
malfamato riesce a esprimere le più profonde
aspirazioni dell'anima, con la volontà di
ritrovare dignità, un riscatto
dall'insignificanza di una vita miserrima e
meschina, nuovi valori per un avvenire più
fraterno.
Fra le tante riflessioni e considerazioni
dirette sull'esistenza, che il dovere morale
impone di affrontare, suggerite al lettore dal
romanziere, ora testimone con modestia e umiltà
della propria epoca, ci sono quelle sui drammi
di una società sempre più afflitta dalle
violenze e dalle ingiustizie, sui pregiudizi che
non ammettono dubbi, sulle ingiustizie, la pena
di morte, il razzismo, il diffidare comunque
degli stranieri e rifiutare le differenze,
sull'incapacità di trovare le giuste priorità e
i sentimenti più autentici.
Quando il libro, con le sue invenzioni
letterarie, con le sue visioni tra fantasie e
realtà, si ricompone in senso circolare, si ha
un’immagine davvero più autentica di Adamo che
non è soltanto un sognatore romantico, il tenero
giardiniere dell'Amore, anche se nel romanzo ci
sono varie storie d'amore. Con la scrittura è
andato oltre la sua timidezza, lasciando libero
corso all'immaginazione, sincero e fedele a se
stesso, si è divertito a mostrare il suo lato
sconosciuto, fatalista e scherzoso, attento alla
vita vera, con sdegni che scaturiscono dalla sua
sensibilità alle sofferenze degli altri. La sua
sola ambizione è di divertire anche i lettori,
con emozioni e riflessioni, facendo emergere
l'intelligenza del cuore.
Il romanzo, solido e coerente, dalle alte
valenze di lingua e contenuto, rientra nella
migliore tradizione letteraria, quella che non
ha certezze ma soltanto un riso amaro da
contrapporre alle apparenze alterate della
realtà; privo di alcune caratteristiche francesi
perse nella versione italiana, e con i
sentimenti espressi che lo rendono un romanzo
più italiano che francese, è particolare e
originale nella nostra letteratura.
Francesco Piga
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La notte... l'attesa di Salvatore
Adamo
da: sololibri.net - 10 febbraio 2015
Fazi Editore 2015
E’ una specie di passaggio obbligatorio, capita
a tutti prima o poi: da cantante a scrittore il
passo è brevissimo. Il debutto narrativo –
memoir o romanzo o silloge poetica – non si nega
ormai a nessuno, soprattutto a chi ha un
nome-garanzia da investire sul campo. Piuttosto
che indignarmi ritengo sia quasi fisiologico: il
fatto che dalla sintetica forma-canzone si possa
transitare, col tempo, a quella più estesa
narrativa, intendo. Gli esiti non saranno quasi
mai da tramandare alla storia, ma sempre meglio
i cantanti-scrittori che i comici-scrittori o -
peggio - gli chef-scrittori. Il primo romanzo di
Salvatore Adamo (La notte, Affida un lacrima al
vento, ricordate?), per esempio, è della specie
più convincente e non soltanto per la multiforme
qualità di scrittura ma anche per il modo, per
il mestiere mi viene da scrivere, con cui il
romanzo è congegnato.
Il titolo richiama una sua hit di successo - “La
notte… l’attesa” (Fazi 2015) - ma il resto se lo
guadagna sul campo, per il peso specifico,
rintracciabile anche nel cospicuo numero di
storie-affluenti a quella principale. Personaggi
e situazioni incagliati tra passato e presente
di una vita vissuta tra due isole:
l’isola-natale, l’isola vera che è la Sicilia, e
l’isola-approdo, l’isola ideale che è il Belgio,
dove il protagonista è giunto, un giorno, e ha
finito col restare: Julien è infatti un “rital”,
uno straniero, un italiano povero, un figlio di
emigrati, insomma. Il romanzo ne riprende la
vicenda al punto in cui viene assunto come aiuto
becchino dal signor Legay. E’ sottinteso che il
giovane (trent’anni) non è tutto il suo lavoro,
anzi non lo è affatto. La sua indole è sensibile
- ama la musica, la pittura, e ama oltremodo
Charlie, una ragazza dalle molte ombre che gli
ha fatto perdere nell’ordine la testa e le
tracce. In breve è questa l’ossatura portante
del romanzo, il resto ci gravita attorno, in un
continuo intersecarsi di incontri, pensieri,
storie - malinconiche o invece esilaranti -, tra
l’oggi di una terra straniera perennemente
avvoltolata nella bruma, e l’ieri di una Sicilia
luogo dello spirito, non per nulla perennemente
irrorata di sole.
Sorretto da una prosa poetica ed elegante, "La
notte… l’attesa" è, in ultima analisi, un
esordio convincente, che ci rivela Salvatore
Adamo nelle vesti ulteriori di narratore di
qualità.
Mario Bonanno
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La notte... l'attesa di Salvatore
Adamo
da: convenzionali.wordpress.com - 12 febbraio
2015
Fazi Editore 2015
Caro Adamo, si dà il caso che da parecchio tempo
io ho un disco suo (grande), che ho ascoltato
decine di volte, e ascolto ancora con grande
piacere, e commozione. Per la musica, la voce,
l’umanità. E io non sono affatto uno specialista
di canzoni, anzi. Tanto più grande è stata la
mia sorpresa, e soddisfazione, nell’apprendere
che lei, alla radio, ha parlato tanto bene di
me. Magari potessi offrirle le parole per una
bella invenzione. Ma, così a freddo, come è
possibile? Legga, e guardi, la prego, questo
libro. Se ci trova qualche spunto, qualche idea,
che la possa sollecitare, mi scriva. Sarei
proprio molto contento di collaborare a una sua
canzone. Intanto la ringrazio di cuore, e la
saluto affettuosamente, suo Dino Buzzati
Fin dall’infanzia, dunque, Fernand aveva visto
arrivare quotidianamente, nel cortile interno
del fabbricato a forma di L dove vivevano e
lavoravano i Legay, carichi di materassi e
sacconi imbevuti di secrezioni provenienti dalla
decomposizione dei cadaveri. Non ci faceva più
caso di quanto non faccia il figlio di un
garagista alle macchie e agli odori di grasso
inerenti al lavoro paterno. Se ne ricordò nel
momento in cui si scoprì padre a sua volta,
tanto più che, a furia di compulsare i registri
militari, si era potuto rendere conto
dell’onnipresenza della morte. Gli fu facile
concludere che avrebbe fatto fortuna prendendola
come socio, purché avesse trovato la strada
giusta. Pulire la biancheria delle sue vittime
non era stato sufficiente a far sopravvivere
l’impresa paterna: bisognava dunque andare
oltre, accompagnare il trapassato più avanti,
fino alla banchina di partenza per l’ultimo
viaggio. Prima di lui, i morti di
Haine-Saint-Martin andavano a farsi agghindare e
rivestire di pino nel vicino paese; ormai
sarebbe stato là, implacabile ma cortese,
ossequioso, triste all’occasione, enfatico fino
alle lacrime… ma distratto… o piuttosto
dimentico di ciò che non si ricordava
volentieri… benedetto Fernand, vai! Be’, si può
dire che ce l’ha fatta! E la sua bella carriera,
con i suoi gloriosi fatti d’arme, non voleva
certo dimenticarla, quella. Lo provano quei
fazzoletti nel cassetto del comodino, puliti,
rassicuratevi, ma annodati agli angoli: almeno
tre nodi ciascuno. Vai a sapere cosa voleva
davvero ricordarsi.
Ricky Memphis la cantava in una puntata della
terza stagione di Tutti pazzi per amore, Morgan
ne ha fatto pezzo da esibizione per uno dei
componenti della sua squadra in una delle scorse
edizioni di X Factor, e di certo è da decenni
nel cuore, nella mente e nelle orecchie di tanti
appassionati di musica leggera. La notte è con
ogni probabilità tra le più celebri – se non in
assoluto la più famosa – canzoni di Salvatore
Adamo (semplicemente Adamo, per i melomani, tra
cui personaggi illustri come l’autore della
dedica riportata in testa al presente articolo),
classe 1943, nativo di Comiso, infanzia di
sicuro non propriamente agiata da figlio di
minatore emigrato in Belgio ma grinta da
vendere. La notte…l’attesa, edito da Fazi, è il
suo primo romanzo, e si tratta di un esordio più
che convincente: tenero, poetico, malinconico,
ironico, brillante, divertente, parla di sogni,
speranze e illusioni. E d’amore: come potrebbe
non essere al centro di tutto, d’altronde, se
altro non è che tutto?
Gabriele Ottaviani
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